Il BDSM e il femminismo viaggiano su due binari paralleli e sono destinati a non incontrarsi mai? Oppure ci sono delle tematiche in cui possono intrecciarsi l’uno con l’altro? Valutiamo insieme quali sono i punti di incontro e quali sono le divergenze tra queste due visioni.
Oggi vi propongo di analizzare il BDSM attraverso tematiche che sono sempre state care al femminismo: il consenso e l’esplorazione della propria sessualità.
Il femminismo si prodiga nel combattere le dinamiche di potere dell’uomo sulla donna e il conseguente dominio su queste ultime. Ma non tutte le correnti femministe sono d’accordo su come agire in concreto.
Nel femminismo radicale troviamo una ferma opposizione alla pornografia e al BDSM in quanto promuoverebbero l’oggettivazione della donna, perpetrando dinamiche di stampo patriarcale all’interno della sfera sessuale e legittimando varie forme di violenza sulla donna. Un esempio di questo approccio è quello di Hélène Cixous, la quale teorizza che la polarizzazione sia una modalità di pensiero spiccatamente maschile. Le dinamiche di Dominazione e sottomissione, in questo senso, non sarebbero altro che l’interiorizzazione di una rappresentazione della sessualità patriarcale.
Secondo questa visione del mondo sembra che sia il patriarcato a dettare i gusti sessuali delle donne: si insinua nelle menti di povere sfortunate e le condanna a una visione globale della loro sottomissione. Ma se è la donna ad essere disposta ad assecondare volontariamente quello che accade al suo corpo, si può definire ancora succube di un sistema? Il consenso corre in nostro aiuto proprio per questo, a stabilire cosa è lecito e cosa no. Nel BDSM, il consenso è essenziale per praticare in modo sicuro. Il processo di negoziazione mette sullo stesso piano dominante e dominato: questi decidono insieme cosa è giusto fare e dove porre i paletti. Il consenso è revocabile in qualsiasi momento tramite una safeword o un safesignal. Il Dom, di conseguenza, è tenuto a rispettare i limiti della sub. L’aftercare, infine, è un momento in cui vengono ristabiliti gli equilibri paritari fra i kinkster.
In un’intervista rilasciata dal Non Collettivo Queer – gruppo di attivist* femminist* che praticano BDSM e che trattano l’argomento dal punto di vista politico – emerge che il disequilibrio di potere è una parte integrante del gioco, ma si sottolinea che si tratta di qualcosa che, a differenza delle dinamiche patriarcali, è totalmente consapevole e discusso. Se il patriarcato di norma guida le nostre azioni e i nostri pensieri, condizionando il modo di vivere nella società, nel BDSM le dinamiche di potere vengono applicate in maniera consapevole. La consapevolezza è l’elemento che ci libera da una serie di condizionamenti e che arriva nel momento in cui si decostruiscono gli stereotipi.
È bene ricordare che nel BDSM le donne non sono solo sottomesse, ma possono anche assumere il ruolo di dominante sull’uomo. Considerare a priori la donna come sottomessa dimostra semplicemente il fatto di essere troppo legati agli stereotipi di genere. Esistono infatti anche uomini che desiderano essere sottomessi, e questi, stando alle parole di Rita La Zia – kinkster, rigger e attivista BDSM –, andrebbero incontro a un maggior rischio di essere considerati uomini che perdono la loro virilità da parte degli altri membri della comunità. Una narrativa sempre orientata a vedere l’uomo come forte e la donna debole può generare incomprensione quando un uomo sceglie volontariamente un ruolo di vulnerabilità. Allo stesso modo, spesso non si associa l’aggressività alle donne perché tipicamente non è considerata una caratteristica femminile e quindi una donna non può avere una sessualità aggressiva.
Attorno al BDSM c’è una stigma sociale alimentato dai media verso i kinkster e che pesa specialmente sulle donne. Chi pratica viene non di rado considerato insano. Pensiamo già a come una società patriarcale influisca sulla sessualità femminile; inoltre le pratiche kinky sono ancora più lontane da ciò che è l’eteronormatività. I tabù legati alla sessualità sono già difficili da combattere quando si tratta di sesso tradizionale; il sesso kinky è ancora meno conosciuto e presenta delle regole diverse, e non è detto che ci sia stimolazione a livello genitale. Una delle battaglie che il femminismo porta avanti è quella di avere la libertà di esplorare la propria sessualità nonostante ci sia un sistema che la opprime.
Dal punto di vista di Rita La Zia, nel mondo BDSM è presente ancora molto machismo che rischia di compromettere le esperienze sessuali di molte donne che si avvicinano a questo ambiente. La soluzione in questi casi è fare rete, parlarsi in modo che diventi più difficile incappare in brutte esperienze. Il consiglio è quello di informarsi e trovare gruppi nella propria zona per avere un confronto.
Personalmente, penso che il femminismo possa sicuramente arricchire il mondo del BDSM, rimuovendo dinamiche sessiste e legate agli stereotipi di genere, e rendendolo più inclusivo per tutti. Viceversa il BDSM contiene delle buone pratiche che potrebbero aiutare a raggiungere l’autodeterminazione nella sfera sessuale: come discutere su come essere chiari, su ciò che si vuole e parlare in maniera diretta. Il femminismo, nell’incoraggiare le donne ad esplorare la sessualità, non dovrebbe escludere alcune tematiche a priori, ma saper incanalare le persone verso la direzione giusta da prendere.
Fonti:
1. Posizioni femministe nei riguardi della sessualità
2. Storia e critica del femminismo antiporno
3. Palinsesto Femminista | 46 – Femminismo e BDSM (con Rita La Zia)
4. BDSM e Femminismo: intervista al Non Collettivo Queer di Genova.
5. BDSM PER ABBATTERE IL PATRIARCATO