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Aftercare e tickling

Che cos’è l’aftercare? È la fase di decompressione che, come il nome suggerisce, giunge alla fine di una sessione e aiuta i partner a tornare alla vita di tutti i giorni senza conseguenze negative. Cerchiamo di capire meglio insieme di cosa si tratta, e quali sono gli ingredienti essenziali per un aftercare leggendario.

L’aftercare è come una scatola vuota dentro cui ognuno mette ciò di cui sente il bisogno. Alcuni sentono il bisogno di un contatto fisico e/o emotivo, richiedendo abbracci, carezze, baci, o anche solo la presenza, o di ricevere complimenti e parole di conforto. Altri, viceversa, avvertono la necessità di starsene un po’ da soli, a debita distanza da ogni stimolo ulteriore. C’è poi chi desidera fare sesso per sprigionare le energie accumulate, oppure preferisce distrarsi aprendo Netflix, oppure mangiare cibi saporiti e bere soft drink — meglio evitare gli alcolici!

Ci sono almeno tre elementi da considerare quando parliamo di aftercare.

1. L’aftercare non è un optional

Come i titoli di coda fanno parte di un film, così l’aftercare fa parte di una sessione.

Questo vale in particolare se ci troviamo all’interno di una dinamica di dominazione e sottomissione, quando non addirittura in un rapporto sadomaso. In linea di principio, tanto più la relazione è asimmetrica, tanto maggiore sarà il bisogno dell’aftercare. Nel caso del tickling, tuttavia, è possibile che la sessione si sviluppi secondo una logica simmetrica. Sappiamo già che il solletico è costituito da un mix di sensazioni piacevoli e spiacevoli, e che le dosi di questi due ingredienti variano in base all’indole di ciascuno e al contesto. Se a prevalere è il piacere, è possibile che venga meno l’esigenza di ristabilire dopo la sessione un equilibrio mai perduto. È comunque importante ricordare che sta al singolo valutare se ha bisogno di decomprimere, e che nessuno può decidere per l’altro negando questo passaggio — e anzi, questa sarebbe una red flag.

Una delle funzioni dell’aftercare è infatti quella di prevenire il drop, una condizione di malessere talvolta intenso e persistente e per certi versi simile a un episodio acuto di depressione che può fare seguito a una sessione di particolare intensità fisica e/o emotiva. Vale la pena di citare uno dei principi cardine del BDSM, Hurt not harm, fare del male ma non ledere — principio che orienta il gioco verso espressioni non patologiche. A tal proposito bisogna tenere a mente che quando si tratta di solletico non è raro avere a che fare con persone che hanno subìto dei traumi infantili, spesso all’interno del nucleo familiare.

L’aftercare si negozia

Stando al paragone con film e titoli di coda, l’aftercare si negozia al pari di ogni altro elemento della sessione. Ma visto che ognuno ha esigenze diverse, occorre far pace con l’idea che alcune differenze potrebbero essere incompatibili tra loro. Se non è possibile trovare un compromesso davvero soddisfacente per tutti, non fare sessione potrebbe essere una difficile ma saggia decisione.

L’aftercare è reciproco

Se credete che l’aftercare sia roba da bottom, siete fuori strada. Il drop è un effetto collaterale del picco e del successivo crollo ormonale nel torrente sanguigno associato a forti emozioni, che prescindono dal ruolo. Anche chi veste i panni del top può andare in drop, e in ragione di ciò avere bisogno di decomprimere.