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Il solletico come gioco tra madre e figlio

Il solletico è un grande enigma. Molti dei suoi aspetti restano ancora da chiarire, e la comunità scientifica si interroga da tempo su questa modalità di interazione (non solo) umana, nel tentativo di svelarne la natura.

Oggi parliamo di una ricerca in particolare, quella di Ishijima & Negayama (2017) intitolata Development of mother-infant interaction in tickling play: the relationship between infants’ ticklishness and social behaviours.

Molto prima che il solletico sviluppi per qualcuno connotazioni erotiche, esso è un gioco che si delinea a partire dalla primissima infanzia all’interno della relazione tra una madre e suo figlio. Lo studio in questione si concentra proprio sul gioco del solletico nell’ambito di questo rapporto, formulando alcune ipotesi circa la sua funzione.

In generale, il tatto è un senso a lungo trascurato dai ricercatori nonostante la sua importanza nella relazione madre-figlio. Esso regola le espressioni e l’attenzione dei neonati. Inoltre, è un canale fondamentale per intuire la differenza tra sé e gli altri. Curiosamente, la capacità di concepire l’altro come separato da sé spiega perché non è possibile farsi il solletico da soli.

La risposta al solletico non è un semplice riflesso, ma rappresenta una forma di interazione sociale complessa, che dipende dal contesto in cui viene messo in atto. Nel rapporto madre-figlio, il solletico e la risata che ne scaturisce hanno la funzione di stabilire e mantenere l’interazione tra questi due individui. Si è osservato come uno dei tasselli di questa interazione sia il livello di comunicazione della madre.

Per tale motivo, all’interno di questo studio si sono date due definizioni di solletico, distinguendo il solletico narrativo da quello non-narrativo.

Il secondo è costituito dall’atto in sé, per cui la madre si limita a fare il solletico al bambino in modo ripetitivo e stereotipato. Parliamo di solletico narrativo, invece, quando questo è accompagnato da una serie di comportamenti adottati dalla madre, come il mimare il solletico muovendo le dita nell’aria, il canticchiare o anche il fare delle pause durante l’atto.

Il solletico implica un mix di emozioni sia positive che negative. Si è visto in passato come un ruolo chiave sia ricoperto proprio dal livello di comunicazione della madre, per cui il solletico da parte di una madre comunicativa viene più facilmente vissuto dal bambino come un’esperienza positiva, laddove lo stesso gesto eseguito da una madre non comunicativa tende a suscitare reazioni negative, anche nel caso in cui sia proprio il bambino a ricercare questo genere di stimolo. Si noti, per fare un paragone, che le carezze da parte di una madre non comunicativa vengono per lo più percepite dal bambino come uno stimolo neutro.

Gli studiosi hanno osservato 20 coppie madre-figlio nell’arco di un paio di mesi, da circa 5 a circa 7 mesi di vita del neonato, monitorando il comportamento di entrambi durante le interazioni di gioco.

Si è visto che i bambini iniziano a diventare sensibili al solletico intorno ai 6-7 mesi. In questo lasso temporale, la modalità con cui la madre gioca con il solletico passa da uno stile non-narrativo a uno stile narrativo. Intorno ai sei mesi e mezzo, il bambino inizia a sviluppare delle reazioni anticipatorie al solletico narrativo, ad esempio iniziando a ridere quando il solletico viene solo annunciato e prima di un effettivo contatto fisico.

Ciò suggerisce che in questa fase del suo sviluppo cognitivo il bambino inizi a partecipare attivamente al gioco, iniziando a sviluppare una teoria della mente e riuscendo ad intuire le intenzioni dell’altro. Prima di questo studio si sapeva poco riguardo gli aspetti psicologici della sensibilità al solletico nei neonati e al suo ruolo nello sviluppo dei comportamenti sociali.

Tra questi comportamenti ricordiamo l’atto del bambino di agganciare con lo sguardo il viso della madre. La sensibilità al solletico è associata anche alla risata della madre, un forte segnale sociale che caratterizza il solletico narrativo e in assenza del quale il solletico suscita più facilmente reazioni negative da parte del bambino.

Con questo studio, Ishijima e Negayama hanno potuto osservare come il ricorso a uno stile narrativo di solletico da parte della madre fosse associato positivamente alla sensibilità al solletico da parte del bambino e al manifestarsi di comportamenti sociali di agganciamento dello sguardo e di anticipazione da parte del bambino stesso. In altre parole, i neonati, già a partire dai sei mesi e mezzo di età, sono in grado di comprendere la situazione e di adottare comportamenti diversi in funzione di ciò.