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Solletico e schizofrenia

Uno degli aspetti più intriganti del solletico è che non possiamo farcelo da soli. Perché funzioni, abbiamo bisogno che sia qualcun altro a farcelo. Il riconoscimento dell’altro da sé è un elemento chiave dell’elaborazione di questo stimolo, e si tratta di una capacità che gli esseri umani iniziano a sviluppare fin dai primi mesi di vita. Già da qualche anno sappiamo però che esiste una particolare categoria di soggetti in grado di aggirare questa regola: i pazienti affetti da schizofrenia. Ciò si deve proprio alla difficoltà che queste persone hanno nel discernere il sé dall’altro da sé.

La schizofrenia è un disturbo psichiatrico e richiede una diagnosi scrupolosa, ma tratti di questa patologia possono essere presenti anche nei soggetti sani. Un team di ricerca francese ha provato a capire se esista un nesso fra questi tratti di personalità e la capacità di farsi il solletico da soli. L’ipotesi è che se gli individui sani con tratti schizotipici hanno scarsa abilità nel prevedere le conseguenze sensoriali delle loro azioni, allora dovrebbero anche essere più bravi a farsi il solletico da soli rispetto agli individui sani che però hanno ottenuto punteggi bassi nelle scale di valutazione dei tratti schizotipici.

Per verificare tale ipotesi sono stati reclutati 397 studenti ed è stato loro somministrato lo Schizotypal Personality Questionnaire (SPQ), un test che come il nome lascia intendere permette di identificare dei tratti schizotipici e di assegnare un punteggio. Sono stati quindi selezionati due gruppi da 27 studenti ciascuno, uno che includeva quelli coi punteggi più alti e uno con quelli più bassi. A questi 54 soggetti è stata somministrata anche la Scale for Assessment of Passivity Experiences in the General Population (SAPE-GP), un altro questionario che serve a misurare la frequenza con cui soggetti sani avvertono la sensazione di essere sotto il controllo di una forza o volontà esterna.

Il cuore dell’esperimento consisteva in tre prove in cui ogni studente veniva bendato e riceveva una stimolazione tattile sull’avambraccio non dominante. Nella prima prova, gli studenti si facevano il solletico da soli seguendo il ritmo di un metronomo a 45bpm. Nella seconda e nella terza prova, a far loro il solletico era un operatore, e a cambiare era il suono del metronomo, che poteva essere udibile, simulando così una condizione di solletico prevedibile, o non udibile. Lo stimolo era standardizzato per mezzo di una macchina che permetteva di fornire stimoli sempre uguali per intensità, superficie e durata.

La macchina del solletico di Lemaitre.

Dopo ogni prova, ai partecipanti veniva chiesto di indicare in una scala da 0 a 10 quanto solletico avessero percepito. I risultati dell’esperimento hanno confermato l’ipotesi iniziale, per cui tratti schizotipici di personalità sono associati a una maggiore capacità di farsi il solletico da soli. Anche in persone che non soffrono di schizofrenia.